RECENSIONE DI PIO GIOSUE' COSENTINO 



Edoardo Borgomeo nato a Roma nel 1989, laureato in ingegneria ambientale all’Imperial College di Londra e specializzazione in idrologia ad Oxford, ha vissuto in decine di posti e viaggiato moltissimo, lavorando come idrologo in Medio Oriente, Sud America, Asia meridionale e Africa orientale. La sua ossessione per l’acqua nasce cit. “a 18 anni leggendo i libri di Al Gore, ex vice presidente degli Stati Uniti e ambientalista”.

Questo saggio è la sua prima opera ed è strutturata in nove racconti con titoli che richiamano espressioni comuni o proverbi popolari: “Con l’acqua alla gola”, “Tirare acqua al proprio mulino”, “Andare controcorrente”, “In cattive acque”.

Ogni racconto è ambientato in un paese diverso e tutte le riflessioni partono dalla vita quotidiana delle persone e portano alla conclusione che la “gestione dell’acqua non è solo compito di ingegneri, economisti, ecologi ma è compito di tutti”. Si parte dal Bangladesh con la storia di Namrata, mamma in attesa del quarto figlio, che lavora a giornata in un allevamento intensivo di gamberetti e qui si evidenzia la doppia faccia dell’acqua che produce e che distrugge fra inondazioni e acqua talmente salata da minare la salute delle persone oltre che delle coltivazioni. Si arriva poi in Brasile con Flavio che gestisce una diga e dove risalta l’acqua come fonte di energia, ma i bisogni industriali e per evitare black-out vengono privati pescatori, allevatori e agricoltori dell’acqua necessaria. In seguito passa in Messico dove c’era un grande rispetto per l'acqua e si conviveva con la sua natura, lasciandole il suo spazio facendo in modo che la sua forza distruttiva diventasse fertilizzante per l'agricoltura. In Australia c’è chi lotta per la cosiddetta riverlution cioè per una proposta di legge per rendere i fiumi un soggetto giuridico. In Olanda i bambini, quando disegnano la loro casa, la mettono in mezzo ai canali, qui infatti si vive nell’acqua e con l’acqua: un esempio positivo di gestione idrica. In Pakistan è la mafia dell'acqua a decidere chi beve, chi si fa il bagno, chi può cucinare. Nell'Iraq meridionale si scopre che la migrazione è causata dalla mancanza dacqua. A Londra l’autore parla delle fogne intasate dai rifiuti della civiltà incivile, stesso problema di New York. Il viaggio finisce in Italia, in Sicilia dove l’autore incontra Danilo Dolci, che lui definisce come persona lungimirante che ha capito l’importanza della cura dell'acqua e della natura.

Il libro merita una lettura tutta d’un fiato, perché l’autore cerca di ricordarci la nostra idrofilia, termine preso dalla chimica e usato nel libro per indicare un rapporto equilibrato con “l’oro blu, perché una delle verità più ovvie “L’acqua è vita”, è talmente ovvia da essere sottovalutata. L’acqua è un bene indispensabile che condiziona e regola la vita dell’intero pianeta. “L'acqua non ha bisogno di noi […] Noi abbiamo bisogno dell'acqua” e noi dovremmo esserne amici perché “senza di lei non duriamo nemmeno un giorno”.

A mio parere questo libro, che leggendo la copertina potrebbe sembrare noioso, merita un’attenta riflessione, soprattutto tra noi giovani che troppo spesso diamo per scontato tutto ciò che ci circonda, soprattutto ci aiuta a capire ciò che l’acqua rappresenta nella nostra quotidianità, senza dimenticare l’importanza di tutto ciò che ci offre la natura e soprattutto che solo il rispetto di essa potrà garantire la nostra sopravvivenza.


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